
martedì 23 marzo 2010
STREAMMALO 2010 - Ecco il primo ed unico Concorso in DIRETTA STREAMING

DRIVERS: Il combo veneziano guidato dall’eclettico Kevin si presenta con il singolo d’esordio

Per Valerio Manni è “Il momento giusto”

lunedì 15 marzo 2010
CONCORSO NAZIONALE DELLA CANZONE D’AUTORE MUSICA CONTROCORRENTE 6^ EDIZIONE
lunedì 8 marzo 2010
Categoria: Musica
Mirco Menna & Banda di Avola
e l’italiano ride
e l’italiano ride: una sarcastica fotografia dell’Italia di oggi.
di Fabio Antonelli
BACCO AMA LA MANDORLA… DONNE, VINI
Qualcuno si chiederà subito cosa c’entrino Bacco, mandorla, donne e vini con questo nuovo disco del cantautore bolognese Mirco Menna realizzato in compagnia della Banda di Avola.
Beh per capir bene questa operazione di rivisitazione o forse meglio di riscrittura di alcuni brani di Menna già presenti nei suoi precedenti lavori (Nebbia di idee e Ecco) è secondo me utile leggere l’introduzione scritta da Menna stesso che spiega com’è nata questa collaborazione tra lui e questa giovane banda composta di cinquanta bravi musicisti, tutto l’andirivieni che c’è stato tra loro fino a quando “Il cantante fu colto dalla premonizione del mal d’Avola. Un giorno sarà finito, pensò, prove, disco, tutto. Addio monti Iblei, addio granita e broscia a colazione, a volte due. Addio alle nottate sul mare, ai venditori ambulanti di primo mattino, alle mattine sul pianoforte stonato che Janu Nanè non è mai venuto ad accordare. Addio all’orizzonte coi piedi nell’acqua, alle mani nell’aria del maestro Bell’Arte eleganti e farfalline, alla mandorla pizzuta, ai giardini di limoni e ai pranzi di zia Lucietta. Addio Tromboni e Trombe, Corni Tube e Clarinetti, Sassofoni e Tutti flauti, ognuno caro con la sua faccia e il suo nome, molti Sebastiani e Salvatori, le ragazze meno omonime e più difficili da confondere. Addio al flicorno baritono detto anche bombardino o più dolcemente eufonio di Peppe Consiglio, coi suoi sms “buongiorno” al pomeriggio, “buonanotte” a mattina inoltrata. A Salvuccio Tiralongo che in una notte epicurea citò un’antica iscrizione avolese, BACCO AMA LA MANDORLA… DONNE, VINI, scoprendo che svelava, mescolandone libertariamente il contenuto “La Banda Avola con Mircomenna”, non una lettera di più, non una di meno”.
Chiedo scusa a chi legge se l’ho riportata per esteso ma, secondo me, rivela più di intere pagine di analisi del disco ciò che sta dietro a questa operazione che non ha alcuna motivazione di carattere commerciale, ma è basata su una vera infatuazione di Menna per questo mondo musicale e non solo apparentemente così distante dal suo stile sia musicale sia di vita. Ma si intuisce chiaramente come questo legame tra Menna e Banda di Avola, nata dopo un incontro tra il produttore e direttore artistico Fabio Barovero e Menna, organizzato da Sebastiano Bell’Arte, direttore della Banda di Avola, sia diventato ben presto solido, basato su una forte amicizia, su una sincera complicità, su cibo, vino, donne, tutto l’occorrente per fare di un’avventura un’esperienza indimenticabile e questo disco ve l’assicuro rispecchia a pieno questo clima d’amicizia, questo carico vivo di preziosa umanità. Nulla è studiato a tavolino, ma tutto è nato da una paritetica dialettica tra il cantante e la Banda di Avola composta di cinquanta giovani davvero in gamba.
Si diceva del discorso di rivisitazione o meglio di vera e propria riscrittura dei brani di Menna, per lo più già editi, in effetti non si è trattato di riproporli tali e quali suonati per l’occasione da un più vasto organico, c’è stato invece tutto un fitto dialogo tra Menna e Bell’Arte che ha portato ad un risultato sorprendente perché se in alcuni passaggi l’insieme suona con il fragore e l’energia tipici di una fanfara, a tratti invece par di trovarci davanti all’elasticità e alla raffinatezza di un’orchestra sinfonica, capace di modularsi tra impeti e cadute, drammaticità ed ironia.
Se la Banda ha svolto a pieno il proprio dovere, altrettanto si può dire di Mirco Menna che dimostra di credere fino in fondo al comune progetto, dimostrandosi ottimo interprete di se stesso, ma le canzoni?
Le canzoni come dicevo sono per lo più tratte dai due precedenti lavori, non mancano però alcuni inediti come la beffarda e farsesca “Evviva”, canto simil-patriottico scritto da Mirco Menna e musicata da Sebastiano Bell’Arte, che con quel beffardo ritornello “Viva l’Italia e viva la fregna, chi ce la impara e chi ce la insegna” sembra accomunare in piena par-condicio dotti e ignoranti, ricchi e poveri, ma altrettanto gustose sono altre irriverenti immagini del triste campionario italiano “E viva viva il capo minchiuto e viva il culo liposoluto / viva Sanremo e viva San Pio e i santuari del ben di Dio”.
Altro inedito è “Vieni a trovarmi” canzone d’amore dalla cadenza compassata e solenne, ogni intervento pare pesato al bilancino, così come i bei versi “Vieni e baciami e toccami e schiudi le labbra / il tuo respiro su di me l’idea di te chi mi vuole / sei tu questo dolore che mi riga il viso / ed il chiarore che mi disegna e mi lega al buio”, c’è un senso di vuoto incolmabile, un vivido desiderio d’amore che forse non avrà risposta, forse…
Sempre inedita è la successiva “Che mi facisti fari” dove questa splendida metafora del vivere “non c’è ragione non si trova il torto / più mi struggo e più mi sento strutto / penso al rapporto tra la gallina e il porco / che c’è nell’uovo con il prosciutto” è introdotta dai locali suoni del marranzano, del fiscaletto e del tamburo a cornice, il brano appartiene al carattere più popolare del progetto, uno di quelli in cui la Banda d’Avola riprende a pieno titolo il suo carattere popolare ed energico con tanto di colpo di piatti a chiudere il tutto.
Molto felliniano e circense è l’ultimo brano scritto appositamente per questo disco intitolato “Da qui a domani”, che parla del Mercato inteso come centro commerciale che appare d’improvviso in un indefinito paese, un Mercato capace di abitare dentro di ognuno anziché essere abitato, capace di servirsi di noi anziché servirci, ecco, infatti, Menna cantare “C’è un esercito di imbonitori arroccato nella mente altrui / usa i denti come i roditori e guarda un po’ quei denti siamo noi / gente comune che fa i fatti suoi / e ci mettiamo ad arginare il fiume non conoscendone il percorso e il nome / non conoscendo che dei nostri posti la moglie e i buoi”.
Ho fino ad ora scritto solo delle canzoni nuove, ma non posso certo ignorare gli altri brani tra cui trovo particolarmente efficaci nella loro nuova veste, la sinfonica ed epica “Ecco” bellissima canzone scritta dopo i tragici fatti del G8 di Genova ma che può essere accomunata a tanti altri soprusi subiti da gente innocente vittima del potere, l’energica e passionale “Audaci rotte” che tra tango ed improvvisi cambi di ritmo affronta con ironia un classico triangolo amoroso, l’attualissima “Manna dal cielo” che dipinge un mondo ormai saturo di veri bisogni ed attento solo al PIL, la balcanica ed inebriante “Quanto ci vuole”, canzone che parla di un uomo lasciato a morire di freddo sotto i portici durante il traffico natalizio, una volta ripulito tutto lascerà libero il suo spazio senza aver neppure un nome.
Mirco Menna ha davvero saputo realizzare con la Banda di Avola un disco che sprigiona ad ogni passaggio il piacere comune di suonare insieme, credendo in pieno a questo comune percorso, è proprio come se si sentisse respirare all’unisono tutto l’imponente organico ed il risultato raggiunto dimostra come anche distanze geografiche e musicali siano azzerabili se solo ci si crede, certo bisogna essere convinti delle proprie idee e portarle avanti con ferma coerenza, quella che non manca certo a Mirco Menna.
Mirco Menna & Banda di Avola
e l’italiano ride
Felmay Records - 2010
Nei migliori negozi di dischi.
Tracklist
01. Beghine
02. Evviva
03. Ecco
04. La sfinge
05. Girolimoni
06. Audaci rotte
07. Vieni a trovarmi
08. Chi mi facisti fari
09. Manna dal cielo
10. Da qui a domani
11. Quanto ci vuole
Crediti:
Mirco Menna: voce
Sebastiano Bell’Arte: direzione e arrangiamenti
La Banda di Avola
Sebastiano Nanè: friscalettu (8)
Lucia Leotta: clarinetto basso (8)
Francesco Rametta: marranzano (8)
Filippo Alessi: tamburo a cornice (8)
Fabio Tiralongo: sax tenore solo (3)
Paola Lombardo: cori (2)
Testi e musica: Mirco Menna / Paolo di Nanni (1, 3, 4, 6, 9, 10) Mirco Menna / Sebastiano Bell’Arte (2), Mirco Menna / Paolo Nanni / Girolamo Turone (5) Mirco Menna / Fabio Barovero (7) Mirco Menna (8, 11)
Registrato e missato nel settembre 2009 da Fabio Barovero al Teatro Vittorio Emanuele II di Noto e al Verosounds Studio di Rivoli (To)
Mastering: Giovanni Versari alla Maestà di Tredozio (FC)
Art director: Fabio Barovero
Prodotto da Fabio Barovero
Sito ufficiale di Mirco Menna: www.mircomenna.com
Mirco Menna su MySpace: www.myspace.com/mircomenna
Sito ufficiale della Banda di Avola: www.bandadiavola.it
Banda di Avola su MySpace: www.myspace.com/bandadiavola
Voto: 8/10
Categoria: Musica
So cool
Gegè Telesforo
2010
So cool
The groove master shuffle
Small blues
Una volta inserito nel lettore questo nuovo disco del cantante, musicista, conduttore televisivo e radiofonico, nonché grande esperto e conoscitore di musica jazz che risponde al nome di Gegè Telesforo sembrerà di essere alle prese con un vecchio disco in vinile e non mi riferisco certo alla pulizia del suono, perché So Cool, così si chiama il nuovo progetto di Gegè che ha seguito di poco l’uscita del singolo omonimo, dopo essere stato registrato allo Zork Studio Buccino durante una live session di soli due giorni è stato poi mixato nel prestigioso Sterling Sound di New York ed è tecnicamente davvero impeccabile. L’accostamento fatto è semmai legato all’atmosfera decisamente retrò che emana dai solchi (pardon, trattasi di CD), a partire da quell’appiccicoso (nel senso che una volta ascoltato è davvero difficile sbarazzarsene e si finisce per fischiettarlo anche in doccia) groove che dà il titolo all’intera raccolta e che apre il disco.
Il pezzo non resta però un isolato riuscito episodio, tutt’altro, il disco alterna, infatti, ottimi brani caratterizzati da una scrittura musicale molto originale, scevra da inutili orpelli, ma alquanto efficace e si muove tra groove e swing, tra be-bop e latin jazz. I testi rigorosamente in inglese ed opera dell’americano Ben Sidran, ove presenti sono molto curati. La maggior parte dei brani è però ovviamente strumentale o meglio, è riempita dallo "scat", cioè quello stile di canto jazz in cui l’artista imita con la voce, dei fonemi, altri strumenti musicali e in questo genere Gegè è davvero insuperabile, ne sono fulgidi esempi l’altro trascinante black groove presente nel disco Jam in the night oppure la languida e suadente Small Blues o ancora le vertiginose accelerazioni be-bop di Hey Rookie. Ci sono però anche brani più soft che sembrano uscire dalle finestre di uno dei raffinati jazz club della Chicago fine anni ’50 come la sofisticata Daddy’s Riff o la particolare Moon Ray, un brano di Artie Shaw, che per le divagazioni quasi rap intraprese da Gegè è davvero una delizia per le orecchie di chi l’ascolta. Un plauso sincero poi al quintetto che ha suonato in questo disco perché ha saputo creare un delizioso impasto sonoro con la duttile voce di Gegè.
Tracce
01. So cool
02. Jam in the night
03. The groove master shuffle
04. Brother max
05. Moon ray
06. Daddy’s riff
07. Small blues
08. Hey rookie
09. At least we got to the race
10. Nina despierta
11. The thing and the thang (bonus track)
12. So cool – radio edit
Produzione artistica
Gegè Telesforo
Musicisti e ospiti
Gegè Telesforo: voce, snare drums and percussions
Max Ionata: tenor & soprano saxAlfonso Deidda: piano, flute, alto e baritone sax
Dario Deidda: acoustic bass, hollowbody bass
Amedeo Ariano: drums
Pepe Sannino: percussions
Link Gegè Telesforo
www.gegetelesforo.com
Categoria: Musica
Bungaro
Arte
Arte: se non lo è poco ci manca.
di Fabio Antonelli
“Ho fatto un viaggio in luoghi così lontani che mi sono sembrati vicinissimi. E luoghi vicini che per raggiungerli ho dovuto lavorare tanto”
Così Bungaro introduce “Arte”, il suo sesto album, un disco che se non è pura arte poco ci manca.
Scritto quasi sei anni dopo “L’attesa” racchiude in se quasi come in un viaggio artisti incontrati lungo il proprio percorso artistico, nomi importanti come quelli del cubano Omar Sosa, della brasiliana Paula Morelembaum o di altrettanto validi artisti di casa nostra come Fiorella Mannoia, Lucilla Galeazzi, Ferruccio Spinetti, Ambrogio Sparagna, artisti che hanno saputo arricchire un tessuto di base già validissimo basato quasi interamente sulle liriche del poeta e scrittore Pino Romanelli e le musiche di Bungaro, ma occorre qui ricordare due contributi essenziali alla piena riuscita di questo grande progetto cioè gli arrangiamenti suddivisi quasi in uguale misura tra il maltese Aidan Zammit già collaboratore in passato di Nicola Piovani, Vincenzo Cerami e Niccolò Fabi e capace di scelte armoniche e melodiche di grandissima qualità qui affidate ad un’orchestra d’archi di ben 25 elementi e Michele Ascolese per anni collaboratore di Fabrizio De Andrè e uomo ricco di grande sensibilità musicale.
Ma procediamo per gradi ed allora senza perdere tempo mettiamo nel lettore questo cd che oltre a importanti collaborazioni può vantare un libretto davvero completissimo di dettagli e ricco di belle fotografie che ritraggono i vari protagonisti durante le varie fasi realizzative, testimoniando un grande piacere di suonare e cantare, piacere emerge da subito anche all’ascolto.
Il disco si apre con “Il motore immobile” uno tra i brani più belli e accattivanti dell’intero lavoro, segnato da dolci percussioni, dalla chitarra acustica di Bungaro e dalla suadente mezza-zampogna di Aidan Zammit, è legato alla quotidianità con quel ritornello che l’attraversa più volte “Sei tu il motore immobile in cui il mio universo gira”.
Su delicate movenze sudamericane è invece costruita la title-track “Arte” che Bungaro divide con la splendida voce della cantante brasiliana Paula Morelembaum, ci sono tutta la fluidità del pianoforte di Aidan Zammit e i sognanti arpeggi di Michele Ascolese ed i bei versi di Romanelli “Cosa provo quando sono di fronte ad un’opera d’arte / Come di fronte ai tuoi occhi nascosti che mi stanno a guardare / Uno sbilanciamento un senso di vuoto… / di bellezza bruciante che non passa mai”.
Intenso e nostalgico canto d’amore, di un amore finito ma forse mai concluso “La cosa certa è che siamo lasciati, ma continuiamo a vederci senza incontrarci” è “Il deserto” che vede la partecipazione di Fiorella Mannoia, il brano costruito sul pianoforte di Zammit intorno al quale ruotano gli archi e le chitarre acustiche ed elettriche lascia comunque aperte le porte ad una speranza futura “Perché c’è speranza che il nostro deserto diventi giardino / Che lo spazio interiore racchiuso diventi infinito”.
Sono le percussioni di Raul Scebba a colorare e dare luce e brillantezza particolare al successivo “Se rinasco”, brano di grande immediatezza caratterizzato da un bel ritornello costruito sui contrari “Se rinasco ti sposo ogni volta che posso / Se mi ami davvero non amarmi sul serio” ed una strofa basata sulle personali passioni cinematografiche “Come il Mare dentro vive… Fino all’ultimo respiro… / nelle Notti di Cabiria… nei Racconti del cuscino… e così ci comprendiamo / ci osserviamo da vicino siamo come certe immagini che disegnano un destino / Gli Amanti di domani… Il Posto della Fragole… e La Passione e la Vergogna”.
Intimo e poetico canto d’amore è “Vestimi di te”, suonato solo da Aidan Zammit al pianoforte e alle programmazioni e da Michele Ascolese alla chitarra elettrica, ha un inizio colmo di passione “Tocca gli angoli della bocca / Perché io possa sentire i tuoi respiri / Lo sfiorarsi piano piano della pelle / In un vortice veloce di pensieri”.
Affascinante e pieno di pathos è invece “Trafficante” che vede sugli scudi lo splendido bandoneon di Gianni Iorio, ma da segnalare anche il sensibile tocco pianistico di Natalio Mangalavite e gli arpeggi sempre perfetti di Michele Ascolese, belli poi i versi che narrano di un “Trafficante di diamanti… di amanti e di perdono / Che mi hai amato anche quando ti ho ingannato / Amore del destino se sei tu il destinatario / Amore del destino… amore del destino”.
Ancora Natalio Mangalavite con il suo pianoforte conduce per mano il triste e malinconico “Pagine”, dialogando splendidamente con i violini, la viola e il violoncello in uno dei brani più intensi e belli anche dal punto di vista dei versi, prima quasi senza più speranza “Quelle… quelle pagine strappate / Quelle vite calpestate… senza più parole… senza più parole / E’ per questo siamo pagine / Siamo storia e geografia / Storia in una fotografia” poi comunque aperti ad un possibile spiraglio “Le vedi… lontano le rondini ancora tornare / in alto e sul campo adagiare… / Le senti… tornare che quasi ci sembra vero / riuscire a scambiare il nostro inverno in estate”.
Con “Punti di vista” il registro musicale cambia totalmente, si approda a brillanti sonorità sudamericane grazie alla presenza da protagonista quasi assoluto di Paulino Trumpete che si alterna tra tromba, flicorno e trombone, ma quello che sembra solo un pezzo divertente nasconde un mal celato senso di angoscia “Ma che fare se mi sento preoccupato / Non tanto del futuro ma del tempo che ho sprecato / Che posso fare se di notte resto sveglio / E conto le paure che di giorno son cresciute”.
Con “Dal destino infortunato” si giunge ad uno dei momenti più alti dell’intero disco, costruito su un testo inedito di Sergio Endrigo, con la presenza oltre che di Bungaro alla chitarra di due grandi virtuosi come Omar Sosa che si divide tra pianoforte e marimba e Ferruccio Spinetti con il suo inseparabile contrabbasso, ne nasce così un pezzo decisamente sognante ed interlocutorio “E quali rotte avremo dal destino infortunato? / Se ci evitiamo, ci ritroviamo soli nel sole. / E in qualche modo, andando al sodo, noi… non siamo soli…”. So che è stato scartato dal Festival di Sanremo, ora capisco…
Non c’è il tempo per riprendersi ed eccoci tuffati in “Madonna di lu finimundu” un agitato brano di stampo popolare, invaso dall’irruenza dell’organetto di Ambrogio Sparagna e dalla voce particolare di Lucilla Galeazzi, nonché segnato ritmicamente dal basso-tuba di Gianluca Galvani. Energia e sentimenti allo stato puro.
Ci voleva proprio una tranquilla riflessione sulla bellezza, come quella presente in “Non è tempo che passa”, canzone che è semplicemente suonata al pianoforte da Roberto Marino, accompagnato da violino, viola e violoncello e che lascia Bungaro di liberare in volo il suo canto sui versi finali “non è tempo che passa… e non è tempo… / e se riesci a fermarla… e se riesci a riempirla / La bellezza è bellezza… la bellezza è bellezza”.
“Il volume del mare” è un altro brano che evidenzia ancora una volta il proprio sentirsi fuori luogo, sentimento purtroppo comune a tanti “Come un pesce fuor d’acqua faccio un giro di boa intorno ai miei anni / Se m’ami o non m’ami sei il mio mal di mare e poi mi scoppia la testa… / Sono stato rimosso e poi riammesso e poco gradito… come molti di noi”.
Tanto semplice quanto bella è “Piacere di vederti”, scritta da Pino Romanelli e Neri Marcorè e musicata da Bungaro, è cantata in parallelo a due voci come in un immaginario dialogo da Neri Marcorè e Bungaro e forse più di altre canzoni è specchio della personalità di ciascuno che è poi accomunata nei versi conclusivi “Io sono io che mi sveglio e mi addormento / Lucido mi assento e poi partecipo all’evento / Dei figli che ci crescono intorno e ci sorprendono ogni volta / Che tenendoli per mano diventiamo come loro / Che tenendoli per mano diventiamo uno di loro”.
Chiude l’intero lavoro una lieve ed emozionante “Piccenna mia”, ci sono solo la voce di Bungaro ed il virtuosismo di Guinga alla chitarra, ma è delicata e dolce magia.
Bungaro con "Arte" ha saputo davvero realizzare un raffinato progetto che si muove come un ipotetico viaggio tra mondi lontani e luoghi invece più familiari, sospeso in magico equilibrio tra sogni e realtà, lasciando trapelare da ogni ascolto un inesauribile piacere di cercare nuovi percorsi musicali, nuovi compagni di viaggio con i quali condividere le proprie esperienze.
Come non apprezzare quindi uno che sempre in “Piacere di vederti” canta “Io sono io e ho un carattere normale / Sbarco il lunario con la musica e la voce / I gesti e le parole di chi ancora vuol capire / Il mistero dell’andare del fermarsi e ripartire”.
Arte
I Sogni Son Desideri Records / EGEA Music - 2010
In tutti i negozi di dischi
Tracklist
01. IL MOTORE IMMOBILE
02. ARTE
03. IL DESERTO
04. SE RINASCO
05. VESTIMI DI TE
06. TRAFFICANTE
07. PAGINE
08. PUNTI DI VISTA
09. DAL DESTINO INFORTUNATO
10. MADONNA DI LU FINIMUNDU
11. NON E’ TEMPO CHE PASSA
12. IL VOLUME DEL MARE
13. PIACERE DI VEDERTI
14. PICCENNA MIA
Crediti:
Bungaro: voce, chitarre acustiche (1, 9, 13), cori (8), arrangiamento (13, 9)
Aidan Zammit: pianoforte (1, 3, 4, 5, 8, 12), tastiere (1, 3, 4, 6, 12), mezza-zampogna (1), programmazioni (5), cori (8), arrangiamento (1, 2, 3, 4, 5, 6, 10, 12), direzione (1, 3, 4, 12), direzione archi (2, 6, 10), cori (8)
Michele Ascolese: chitarra elettrica (1, 3, 4, 5, 8, 12), chitarre (2, 6, 10), arrangiamento (2, 6, 10)
Lorenzo Feliciati: contrabbasso (1, 2, 3, 6, 8, 10), basso elettrico (4, 12), cori (8)
Lucrezio De Seta: batteria (1, 2, 3, 4, 6, 8, 10, 12)
Alessandra Falconieri: voce (1)
Raul Scebba: percussioni (4, 10)
Gianni Iorio: bandoneon (6)
Natalio Mangalavite: pianoforte (6, 7), arrangiamento (7), direzioni archi (7)
Paulinho Trumpete: tromba (8), flicorno (8), trombone (8), arrangiamento fiati (8)
Pino Romanelli: cori (8)
Gianluca Galvani: basso tuba (10)
Roberto Marino: pianoforte (11), arrangiamento (11), direzione archi (11)
Orchestra d’archi di 25 elementi: (1, 2, 3, 4, 6, 10, 12)
Paula Morelenbaum: voce (2)
Fiorella Mannoia: voce (3)
Omar Sosa: pianoforte (9), marimba (9), percussioni (9), arrangiamenti (9)
Ferruccio Spinetti: contrabbasso (9), arrangiamenti (9)
Lucilla Galeazzi: voce (10)
Ambrogio Sparagna: organetto (10)
Neri Marcorè: voce (13)
Guinga: chitarra (14), arrangiamento (14)
Testi e musica: Romanelli-Bungaro (1, 3, 4, 5, 6, 11, 12), Romanelli,Morelenbaum,De Tomassi-Bungaro (2), Romanelli,Vanoni-Bungaro (7), Romanelli-Bungaro,Zammit (8), Endrigo,Zeppieri-Bungaro(9), Romanelli,Bungaro-Bungaro-Ascolese), Romanelli,Marcorè-Bungaro (13), Bungaro (14)
Produzione esecutiva: Paolo De Lazzaro, Max De Tomassi, Giovanni Calabrò, Caterina Calabrò e Michele Salgarello per “I Sogni Son Desideri” Records
Produzione artistica: Bungaro, Aidan Zammit, Michele Ascolese
Registrato presso International Sounds Conversano (BA), Orbita Studio, Rio de Janeiro, Forum Music Village (Roma), FM Record (Roma), Zamstudio (Roma), Sound Garden (Roma), Effetto Note (Milano)
Ingegnere del suono: Emanuele Donnini
Mastering: Greg Calbi @ Sterling Sound Studios, New York
Sito ufficiale di Bungaro: www.bungaro.org
Bungaro su MySpace: www.myspace.com/bungaro
Voto: 8,5/10
giovedì 4 marzo 2010
LA MARCIA DELL’OMBRA: CLAUDIO POZZANI e la scelta di affidare le poesie alla forma canzone

mercoledì 3 marzo 2010
Esce l’attesissimo EP d’esordio della cantautrice ROBERTA CARTISANO

Traballante Umanità – Un non-luogo, i passanti che tengono strette, in pugni chiusi, debolezze e paure. Cercano di mostrarsi decisi e padroni di se stessi. Una traballante umanità che non ama esporsi e avanza in equilibrio precario con se stessa. Riesci a sentire i loro passi nervosi su pietre di strade indifferenti? Di Indro Montanelli si diceva che andava in mezzo agli altri per sentirsi più solo. Una donna in angoli di città percepisce invece come innaturale la sua solitudine indotta dai passanti. Non può più tenere il capo chino suoi passi e decide di liberarsi alimentandosi dell’incredulità che riposa negli occhi altrui. Non può più essere solo amica e amante di se stessa. Inizia a danzare ingentilendo la piazza mentre lo sguardo altrui la ricopre di follia. Non serve nascondere le debolezze, la poesia è data dai crepitii dell’anima. Una donna si muove leggiadra su note di pianoforte, respirando a pieni polmoni melodie di fragili fisarmoniche. Solitamente chi si espone a cielo aperto viene considerato folle, ma in fondo, sta semplicemente vivendo. Questa canzone vuole essere un inno alla vita.
L’Attesa – feat Lele Battista – Un brano che sa di campi di grano e panni stesi ad asciugare al sole. Immagini dal sapore melanconico cullati da un afoso vento del sud che riscalda anime gocciolanti; ogni strofa è un film in 8 mm che ci racconta la storia di gente comune in attesa di piccoli o grandi eventi. Su davanzali di finestre un bimbo attende il ritorno di aquiloni e con il naso all’insù chiede speranzoso al cielo di ridargli il dono sottratto. I ciclo della vita si stringe intorno a madre natura in attesa che l’uomo possa aver voglia di divenire un esempio migliore. E forse, nel frattempo, l’aquilone avrà fatto ritorno sul davanzale del bimbo in affanno. Rabbia, dolcezza, ingenuità, candore, coraggio. In ogni storia potrete riconoscervi ma solo se riuscirete a sentire in arpeggi di chitarra, il rumore di petali di rose cadute dal cielo.
Musicante di Berlino – Feat Augusto Favaloro – Un musicista suona per le strade della cara vecchia Europa; a Wenders questo atipico “arpeggiatore di sentimenti derubate a polverose città” sarebbe forse piaciuto. La giacca del musicante odora di jazz contaminato e c’è chi, dopo aver ascoltato il brano, giura di aver sentito il profumo del pane appena sfornato. Le sue scarpe consunte dal tempo, ci parlano di incontri fugaci e di semplici gesti che rendono irripetibili le nostre giornate. Il Musicante offre i suoi nobili pensieri ad angeli caduti in città distratte. Una gentil donna si ferma a guardarlo. Lui continua a suonare ispirato dalla rara beltà che gli inquieti gesti della donna gli suggeriscono. Si prende cura di lei rendendola protagonista della sua musica; le note sono l’unico linguaggio che conosce. Si dice che cantare è come pregare due volte, e il musicante alla fine tende la mano alla sua gentil donna di rara beltà. Lei lo seguirà? A voi la scelta, in finale sta voi a scriverlo.
Dolce Arianna – Il Mediterraneo scorre con fare rock in questo brano che racconta su tavole di argilla il mito del filo di Arianna. Il coraggio misto a fragilità di una donna che ha vissuto intensamente e che la rende vicina a qualsiasi storia dei nostri tempi. Un mito attuale, che ci ricorda che la natura dell’uomo rimane invariata. L’antica Creta non è poi così distante da noi: tutti abbiamo il nostro Minotauro da aggirare, un Teseo da amare e il nostro filo di seta che ci aiuta a uscire dai labirinti che quotidianamente ci diamo. L’abbandono è storia di tutti i giorni; il rialzarsi ancora più forti e consapevoli di prima, è una storia che pochi si concedono. Scegliere di volersi bene, è il dono più grande che possiamo darci. Esserci davvero, è una scelta di vita.
Roberta Cartisano
www.robertacartisano.it
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