martedì 29 settembre 2009

Esce “Difendimi da me” l’album d’esordio degli ASSENZA, gli alfieri dell’italian Alternative Rock!!!

È la descrizione profonda dei pensieri più intimi in bilico tra dannazione, malinconia e romanticismo. Questi gli ingredienti principali che danno vita al disco d’esordio degli ASSENZA

L’idea parte da un concetto divenuto per questa band un dogma: restituire il giusto credito al rock italiano. Il loro genere lo si potrebbe definire Italian Alternative Rock - da non confondere con il pluricitato rock alternativo (nulla che vedere con band come Marlene Kuntz, Verdena ecc.) - con un lavoro fortemente orientato all’innovazione in senso generale. Si potrebbero infatti accostare sia come sonorità che come atmosfere (nonché melodie) soltanto a gruppi stranieri come Muse, Placebo, H.I.M., Evanescence. Vita vissuta, con testi intrisi dell’eterno contrasto umano in bilico tra amore, odio, rabbia, adrenalina, aspetti socio-politici. Nessun falso moralismo, ma solo la voglia di descrivere come vive e cosa sente un giovane nel 2009 in Italia che si dissocia dal falso perbenismo, da quell’ossessivo volere per forza apparire. Nelle canzoni vi è di base un’atmosfera dark condita da melodie molto orecchiabili, distorsioni potenti ma mai eccessive, rifiniture elettroniche, accenni talvolta operistici, e sintetizzatori che rendono molti pezzi ballabili anche a livello disco conservando però sempre lo stampo fondamentale: il rock! Si parte da un’idea pop per poi personalizzarla fino a un risultato certamente non comune in Italia e decisamente mai noioso. Il tutto ovviamente correlato da una immagine scenica della band decisamente d’impatto e soprattutto molto coerente con il genere, cosa fondamentale quanto determinante. L’ Alternative Rock degli Assenza punta a far capire che qualcosa di buono può uscire anche dall’Italia, che qualcuno, senza essere pretenziosi, stia cercando la novità, quella novità che si traduce in arte, radiofonica, orecchiabile, potente, dissacrante, polemica: insomma vera. Le parole comunque restano parole. Ascoltateli, la loro musica sarà più eloquente!!!

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Si intitola “Con le Mani nel Sacco” l’esordio discografico della band pugliese MODAXI’

Ecco il disco d’esordio di una delle band di punta della scena musica ugliese. I MODAXI’ firmano con la supervisione artistica di Caparezza il loro primo lavoro intitolato “Con le Mani nel Sacco”



Realizzato con la supervisione artistica di Caparezza, il quale compare anche nel videoclip di Lastrico, arriva il disco d’esordio dei Modaxì. Il sound energico e multisfaccettato in piena sintonia con liriche taglienti, ironiche e di forte impatto, fanno di questa band pugliese una novità assoluta sul panorama artistico nazionale. Una musica non etichettabile a priori ma non per questa priva di una forte identità. “Con le mani nel sacco” è una riflessione sulle abitudini, le manie, le psicosi, gli amori e le aspettative della società contemporanea. Nessuna pretesa di cambiare le cose. Solamente un segnale, a volte violento, a volte sommesso, sempre ironico e pungente, senza prendersi troppo sul serio. Suoni affilati e irruenti, dolci e malinconici, il tutto mescolato in un blob al kerosene pronto ad esplodere.

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Si intitola “Forse in un’altra vita” il tanto atteso disco d’esordio dei CRISTEIRUBIN

Dopo averci stuzzicato l’appetito e la curiosità con il singolo e il video “Un ricordo lontano”, ecco l’attesissimo disco della band ligure:
“Forse in un’altra vita”

Caratterizzata da un sound molto vicino a un certo pop fascinoso inglese la band ligure sa graffiare e affascinare, mantenendo sempre un’accezione evocativa e onirica. Un mix tra pop d’oltremanica e poesia italiana, molto interessante e portato avanti in maniera obliqua usando tonalità pastello piuttosto che le tinte forti; un sound che si sviluppa in maniera molto personale e originale e che si inserisce in quel filone di rock pop sofisticato che oggi ci piace ascoltare.
Dalla passione, dall’estro artistico di Cristiano Gianni che, nella ricerca di nuove sonorità e di una forte personalizzazione, e dalla ritrovata collaborazione di una parte della band (gli Zero) che lo ha visto nascere artisticamente, nasce finalmente questo attesissimo disco d’esordio e comincia un viaggio…un viaggio destinato a durare a lungo.

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lunedì 28 settembre 2009

Dalla caduta del muro di Berlino a oggi. Ecco l’anima meticcia dei Sine Frontera, che tornano con un nuovo album: “20 Now”


Si intitola “20 Now” il nuovo disco dei Sine Frontera uno dei gruppi più intensi del panorama folk rock italiano. Linguaggi e stili coniugati ad arte in questo 4° lavoro discografico in cui sono espliciti i riferimenti al ventennale della caduta del muro di Berlino

Il progetto Sine Frontera nasce dalla volontà di unire passato, presente e futuro attraverso la musica come denominatore comune. Il sogno di un mondo senza muri mentali e frontiere culturali! Il loro Folk rock è forte e d’impatto, le ritmiche incalzanti alternate a ballate dolcissime, portano chi ascolta la loro musica in un viaggio tra l’Irlanda e il Sud America passando per la bassa padana. I testi sono intelligenti, profondi che cercano di entrare nella disamina del sociale, e se in passato erano molto legati anche alla tradizione dialettale, oggi sono molto più efficaci e diretti. Il violino e la fisarmonica caratterizzano il gruppo nella sua espressione più folk, mentre il suono tribale viene affidato alle percussioni.
E l’energia di questo sound che fa viaggiare tra l’Irlanda e il Sud America si sprigiona e pieno nei live: oltre 300 negli ultimi 6 anni, numerosissime partecipazioni a festival europei e nazionali e un cd Live Tour nel 2007 registrato sui palchi tra l’Italia e l’Est Europa.

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RUN AWAY: l’atteso disco degli Exempla Traunt


opo il clamoroso esordio con l’ep I FEEL YOU, ultra programmato dalle radio italiane ed estere, la band romana già apprezzata anche oltremanica per il sound ruvido e potente, tecnologico e psichedelico, esce con "Run Away"

Un album che è un concentrato di rock energico, emotivo ed espressivo. In esso si coglie un mix pulsante di atmosfere sognanti e groove semplice e di impatto, capace di far viaggiare la mente senza rompere la testa. Run Away è il brano più semplice e più pop-rock che abbiamo scritto e che riassume il senso di tutto l'album: fuggire tutto ciò che rende l'esistenza opaca, grigia, triste e infelice. La foto in copertina possiede un evidente e chiaro riferimento metaforico ed emotivo. Il bambino osserva impotente uno scenario del tutto alieno a ciò che realmente dovrebbe essere la condizione dell'uomo. Da qui "Run Away", il bisogno di fuggire, di evadere, dalle prigioni, dagli opprimenti contesti sociali ed individuali e di sognare liberi spazi, immaginando mondi a dimensione dell'uomo e della natura. Sognare costituisce ancora una via alternativa: è ciò che fa migrare l'uomo verso tutto ciò che spera.



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venerdì 25 settembre 2009

Il ritorno di FAUSTO ROSSI: “Becoming Visible”

Ripagata a pieno questa lunga attesa:
dopo circa 11 anni dal suo ultimo lavoro ecco il ritorno discografico di Fausto Rossi (Faust’o) con un lavoro essenziale, scarno e decisamente intimo



Dopo circa 11 anni dal suo ultimo lavoro discografico, Fausto Rossi (Faust’o) ritorna di fronte a un pubblico di reduci del delirio wave 80, rimasti imbrigliati in maglie generazionali nutrite dello stesso tormento, e neofiti in cerca di cruda e coraggiosa profondità, grazie all’incontro con Luigi Piergiovanni (Rosybyndy). "Becoming Visible" è un lavoro molto intimo, essenziale e scarno, composto da 8 nuove ballate, con testi inediti, 8 piccole songs d'autore composte e cantate completamente in inglese. Un modo di ritrovarsi con se stesso, dopo i bagliori e i fasti illusori di un’epoca di eccessi. Un disco, distante ma solo apparentemente dal Fausto Rossi di "Exit" un disco anche dolce e, a tratti, venato di una malinconia blues, con le calde sonorità delle chitarre di Massimo Betti e Stefano Brandoni, il basso di Franco Cristaldi, e con la voce e il pianoforte di Fausto che lo rendono un piccolo gioiello. Un disco destinato a segnare in modo indissolubile, questo suo ritorno sulla scena discografica italiana.
Un disco che ripaga tutti di una lunga assenza…quella di Fausto Rossi.


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MYSTIC RAIN: dopo oltre 10 ANNI dal suo ultimo lavoro ecco l’attesissimo nuovo disco di Tiziana Rivale


Finalmente arriva il nuovo lavoro discografico di Tiziana Rivale: un sound dal sapore internazionale per il tanto atteso ritorno sulla scena italiana

Saranno soddisfatti i suoi molti estimatori: Tiziana Rivale torna a far parlare di se con questo nuovo disco che già dal titolo ci porta in un panorama che supera i confini nazionali. Mystic Rain infatti spazia da atmosfere italo-dance anni ’80 a incredibili pop songs elettroniche curando nei minimi particolari quel sapore internazionale con ritmiche in primo piano a sostenere melodie tutt’altro che scontate. Un lavoro portato avanti con Luigi Piergiovanni, produttore, compositore ed arrangiatore della label Interbeat e con Andrea Cofrancesco, compositore e arrangiatore emergente. Vuol sorprendere e ci riesce benissimo, Mystic Rain è un disco che esce fuori e rivoluziona le tradizionali scelte artistiche della Rivale ma che, ad ascoltarlo con attenzione, si respirano forti le emozioni raccontate dal suo inconfondibile timbro vocale…ed è così che arricchiti e sorpresi da quel qualcosa in più come quando si torna da un lungo viaggio, ci ritroviamo tra le braccia di un artista che abbiamo imparato ad amare sin dalle prime avventure che la vide vincitrice al Festival di San Remo nel lontano ’83.

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domenica 20 settembre 2009

Recensione CD "Il modo delle mancine" di Barbara Lagomarsino

Il modo delle mancine: connubio tra raffinatezza e semplicità.
di Fabio Antonelli

Il modo delle mancine è un disco che affascina sin dalla copertina, un bellissimo bianco e nero, opera di Hugh Findletar che ritrae Barbara Lagomarsino sdraiata a testa in giù abbracciata all’amata chitarra, il volto è splendidamente illuminato con morbidezza ed evidenzia raffinati tratti somatici che sintetizzano femminilità e compiutezza. Gli angolini che sembrano trattenere questo ritratto quasi fosse una foto inserita in un vecchio album, donano poi al tutto un che di familiare ed amichevole, quasi che Barbara la conoscessimo da sempre, come una di famiglia, come una cugina che magari non vediamo troppo spesso ma con la quale però, poi ogni volta che ci si incontra, sembra esserci appena visti, già sintonizzati sulla stessa lunghezza d’onda.

Non vorrei però dilungarmi più di tanto sul libretto del disco, perché le gemme preziose sono le canzoni presenti e non tanto il pregevole involucro, del quale aggiungo solo due curiosità, la presenza dello spartito dell’intro sola chitarra di “L’uomo e la stella” e di “Il modo delle mancine” che è un gran pezzo puramente acustico, curiosamente title-track e bonus track di questo disco e del quale è ancora riportato integralmente lo spartito in retro libretto. Se proprio devo fare una critica a questo package direi solamente che avrei visto meglio una confezione cartonata tipo “Luna persa” di Max Manfredi (mi è venuto in mente quel disco perché accomunato da una copertina volutamente in bianco e nero), anziché la tradizionale custodia in materiale plastico per altro più robusta e sicura.

Il disco è integralmente opera di Barbara Lagomarsino, coadiuvata da Massimo Spinosa che ne è oltre che co-arrangiatore, anche il produttore artistico ma bando alle ciance e introduciamo finalmente il disco nel lettore e lasciamo che la voce, le parole e la musica di Barbara ci rapiscano, perché di rapimento si può giusto parlare, quasi che il disco ci strappasse dal nostro quotidiano vivere ed affannarci per portarci verso un altro modo di vivere, “Il modo delle mancine”.

Esemplare in tal senso è il brano d’apertura “Il principe del suono”, un affascinante pezzo giocato su sonorità elettroniche in cui si narra che “C’era un Principe del suono / che voleva fare un dono / alla bella Principessa / che era stata ormai promessa” e che “Tormentato dal rimpianto / mise a prova il suo talento / scelse sette note nuove / fatte per portare altrove” e riesce nell’impresa.

Dalle sonorità elettroniche si passa ad un acustico brano dal titolo “Flying away”, unico pezzo in inglese, in cui Barbara Lagomarsino mi ricorda un po’ Suzanne Vega, due chitarre acustiche suonate da Barbara e da Lucio Bardi, basso e keyboards nelle mani di Massimo Spinosa ed il gioco è fatto.

Introdotto da piano e violoncello, il successivo “Amicizia impazzita” è un intenso canto d’amore, quello sincero che unisce due amici, brano splendido per armonia e limpidezza sia dei suoni sia della voce di Barbara è da ascoltare con ammirazione per quel suo liberare il canto su questi versi “Tu per me sei come un angelo / tu di me sai vedere / ciò che è vero oltre il mio invisibile velo / ma ancora non lo sai / tu per me sei acqua limpida / tu con me sai come parlare / anche se le parole / a volte fanno male”. Chi non la vorrebbe come amica?

Con “Spazi nuovi” si torna a sonorità più elettro-pop, la voce di Barbara gioca con il canto, alzandosi ed abbassandosi di tonalità, con scarti continui come in cerca di spazi nuovi e di una nuova libertà, con il rischio dell’indifferenza, come testimonia il canto “E apro gli occhi della mente con sonorità / Cerco verso spazi nuovi ma resto da sola / Avrei voglia di scappare perché sento paura / del giudizio della gente che parla e non sente”.

Intimo, intenso, cantato e suonato con sentimento e trasporto da Barbara “Senti, ti ricordi?” è un brano solo chitarra e voce, è un canto d’amore, o meglio di un amore mancato o meglio mai nato “Mi ricordo i fiumi di domande che affollavano la mente/ di notte / io non mi spiegavo del perché se ti piacevo tu restavi lì in silenzio / senza me”, quale la causa di questo mancato amore? Probabilmente l’essere troppo simili “Non ti ho detto che volevo essere per te / Non ti ho detto che sapevo che sei con me / Come me”. Uno dei brani più belli.

Più solare e positiva nell’approccio, “Se mi vuoi” tratta ancora l’amore, ma qui la protagonista è consapevole delle proprie possibilità e sceglie con decisione come muoversi “Non ho voglia di pregare nessun Dio / per sentire questo vuoto scivolare via / sto cercando di capire il mondo prima di andare via / per poterlo conquistare a modo mio”.

Affascinante con la sua sonorità misteriosa e sinuosa e la voce di Barbara a rendere il pezzo decisamente ipnotico, “La storia di bianca e nera” è un brano particolare per la situazione che presenta che sa decisamente di favola dal significato universale “Prigioniere in una torre dalla nascita / una bianca l’altra nera litigavano / Bianca voleva uscire / Nera restare lì” alla fine entrambe riusciranno ad uscire, Bianca ha compreso Nera e se la fa amica dicendole “Sulle tue spalle salirò / per andare lontano / e scoprire che solo in due / si può uscire da qui”.

“L’uomo e la stella”, brano liberamente ispirato al racconto del giovane Demian innamorato di una stella tratto da Demian di Herman Hesse, ha una lunga introduzione di chitarra acustica per opera di Barbara è un pezzo decisamente poetico “Mi fa paura volare / mi fa paura cadere / ma la tua luce mi guiderà / e anche se sono nel buio / io volerò sopra il mare / oltre le nuvole scure / che non mi fanno vedere la strada fino a te” e se questa stella fosse Dio?

Si torna a sonorità più elettriche con “Non deve essere vero”, ma il clima resta sereno e disteso, perché si tratta di un canto di speranza, una visione positiva nonostante le apparenze di quanto ci accade intorno, anche se il finale lascia spazio all’incertezza “Non deve essere vero / che tutto è sempre chiaro / il fiume sfiora ancora / le rive del mistero”.

Introdotto da un frammento con il padre di Barbara che canta una canzone popolare milanese, c’è poi il brano conclusivo “Il modo delle mancine”, che dà il titolo all’intero lavoro, che è solo strumentale, chitarra classica suonata da Barbara e violoncello suonato da Anais Vitali e che pur senza parole sa trasmettere emozioni che puntano dritte al cuore e lasciano l’ascoltatore subito desideroso di altri ascolti.

Il disco è però proprio finito e non resta che riascoltarsi il tutto da capo, sicuri di non esserne mai annoiati, anzi posso dire che ad ogni ascolto si è certi di cogliere nuove sfumature.

Si è dovuto attendere a lungo prima di veder pubblicato questo primo disco di Barbara, ma ne valeva la pena, perché sa coniugare raffinatezza e semplicità senza far mai pendere troppo la bilancia né da una parte né dall’altra, sa conciliare sonorità acustiche e sperimentazioni elettroniche proponendosi in maniera molto originale, così è il modo di essere delle mancine e l’augurio è che non resti un episodio isolato.

Barbara Lagomarsino
Il modo delle mancine

Nu-cobalto Records - 2009
Acquistabile nei concerti (per ora)
Tracklist
01. il principe del suono
02. flying away
03. amicizia impazzita
04. spazi nuovi
05. senti, ti ricordi?
06. se mi vuoi
07. la storia di bianca e nera
08. guitar intro (l’uomo e la stella)
09. l’uomo e la stella
10. non deve essere vero
bonus track: il modo delle mancine
Crediti:
Barbara Lagomarsino: voce, chitarra acustica, chitarra classica, programmazione ritmica e samples (7)
Massimo Spinosa: programmazioni ritmiche e samples, basso, chitarra elettrica, chitarra acustica, chitarra 12 corde, piano, keyboards, cori
Lucio Bardi: chitarra acustica (2)
Anais Vitali: violoncello (3, bonus track)
Testi e musiche di Barbara Lagomarsino ad eccezione di “Il principe del suono” (testo di Barbara Lagomarsino, musica di Barbara Lagomarsino e Massimo Spinosa) e “Non deve essere vero” (testo di Barbara Lagomarsino e Gianluca Martinelli, musica di Barbara Lagomarsino)
Arrangiamenti di Massimo Spinosa e Barbara Lagomarsino
Produzione Artistica di Massimo Spinosa
Registrato e missato da Massimo Spinosa presso Studio Spinosa, Milano
Artwork: Patrizio Squeglia
Ritratti di Hugh Findletar
Trucco MAC
Sito ufficiale di Barbara Lagomarsino: www.barbaralagomarsino.it
Barbara Lagomarsino su MySpace: www.myspace.com/barbaralagomarsino
Voto: 8/10

mercoledì 16 settembre 2009

I VINCITORI DEL TENCO 2009

TARGHE TENCO 2009:
VINCONO MAX MANFREDI, ENZO AVITABILE, ELISIR E GINEVRA DI MARCO


Sono Max Manfredi, Enzo Avitabile, Elisir e Ginevra Di Marco i vincitori delle Targhe Tenco 2009, i riconoscimenti ai migliori dischi dell’annata assegnati dal Club Tenco in base ai voti di una giuria di circa 160 giornalisti musicali. I quattro artisti faranno parte del cast della 34a edizione del Premio Tenco, la “Rassegna della canzone d’autore”, che si terrà dal 12 al 14 novembre al Teatro Ariston di Sanremo.

I vincitori delle quattro sezioni si sono affermati in modo netto, in particolare in quella sul “miglior album” dove uno schiacciante consenso ha portato alla vittoria di “Luna persa” di Max Manfredi, votato da ben metà dei giurati. Da segnalare inoltre che in tutte le categorie si è verificato un sostanziale equilibrio fra gli altri finalisti scelti dalla giuria nella prima fase di votazione e qui sotto elencati in ordine alfabetico per artista.

Nella categoria “Album dell’anno” il disco di Max Manfredi ha prevalso su Vinicio Capossela con “Da solo”, Dente con “L’amore non è bello”, Ivano Fossati con “Musica moderna”, Bobo Rondelli con “Per amor del cielo”.

Tra gli album in dialetto Enzo Avitabile con “Napoletana” ha avuto la meglio su Luca De Nuzzo con “Jomene jomene”, Vittorio De Scalzi con “Mandilli”, Radicanto con “Il mondo alla rovescia” e Loris Vescovo con “Borderline”.

Nella sezione dedicata agli album d’esordio la vittoria è andata a “Pere e cioccolato” degli Elisir davanti a “Lo so che non c’entra niente” di Franco Boggero, “Dico a tutti così” di Roberta Carrieri, “Segreto” di Gina Trio, “Popular greggio” degli Humus e “Al bar della rabbia” di Alessandro Mannarino.

Alle tre categorie riservate ai cantautori si affianca tradizionalmente quella per i dischi di interpreti, vinta quest’anno da Ginevra Di Marco con “Donna Ginevra”, che ha superato Gerardo Balestrieri con “Un turco napoletano a Venezia”, Franco Battiato con “Fleurs 2”, Luca Carboni con “Musiche ribelli”, Morgan con “Italian Songbook vol.1”.

Negli ultimi anni la Targa per il miglior disco era andata a Vinicio Capossela con “Ovunque proteggi” (2006), Gianmaria Testa con “Da questa parte del mare” (2007) e Baustelle con “Amen” (2008). Quella per l’album in dialetto a Lucilla Galeazzi con “Amore e acciaio” (2006), Andrea Parodi e Elena Ledda con “Rosa resolza” (2007), Davide Van De Sfroos con “Pica!” (2008). Fra le opere prime avevano prevalso Simone Cristicchi con “Fabbricante di canzoni” (2006), Ardecore con “Chimera” (2007), Le Luci della Centrale Elettrica con “Canzoni da spiaggia deturpata” (2008). Tra gli interpreti: Petra Magoni & Ferruccio Spinetti con “Musica nuda 2” (2006), Têtes de Bois con “Avanti Pop” (2007), “Il cantante al microfono - Eugenio Finardi interpreta Vladimir Vysotzky” (2008).

Nelle prossime settimane saranno comunicati il cast completo della “Rassegna della canzone d’autore” ed i Premi Tenco, attribuiti, a differenza delle Targhe, direttamente dal Club Tenco alla carriera di cantautori e operatori culturali soprattutto internazionali. Maggiori informazioni sulla manifestazione e sulle Targhe si possono trovare all’indirizzo: www.clubtenco.it

lunedì 14 settembre 2009

Recensione CD "Tempi meravigliosi" di Francesco Forni

Tempi meravigliosi: un signor disco suonato maledettamente bene
di Fabio Antonelli

Sono davvero tempi meravigliosi, musicalmente parlando, quelli che sta vivendo questo straordinario artista napoletano, finalista nel 2008 del concorso “L’Artista che non c’era”, autore in passato di colonne sonore per il teatro, il cinema, nonché musicista da anni in veste di produttore, compositore ed ora, anche di cantautore e che cantautore!

E’ proprio nella veste di cantautore a sorprendere maggiormente, perché alla sua solita bravura tecnica ed al suo estro musicale aggiunge una capacità di scrittura davvero rilevante, le parole non sono mai lasciate al caso, sanno assumere sfumature e coloriture particolari, a volte drammatiche a volte sognanti, non lasciano mai indifferenti…

Musicalmente poi, in questo disco prevalentemente blues, Francesco si è avvalso della collaborazione di musicisti di grande levatura come Andrea Pesce, qui anche in veste di produttore artistico, Salvio Vassallo alla batteria, Giacomo Pedici al contrabbasso e l’intero “Collettivo Angelo Mai” un’orchestra che vede tra le proprie fila lo stesso Francesco Forni, Roberto Angelini e Gabriele Lazzarotti.

Gustiamoci ora questo ottimo lavoro partendo dal brano introduttivo “Non adesso” limpido esempio del discorso fatto in precedenza sui testi, trattasi di un blues noir direi alla John Lee Hooker, che vede messe in campo sonorità scure come quelle del vibrafono di Andrea Pesce e del contrabbasso di Giacomo Pedicini, oltre che alla chitarra acustica di Francesco, il testo è scarno ma di grande impatto sin dall’inizio: “e baaam l’ascensore tuona giù all’inferno / è roba da non crederci / solo filastrocche senza senso / quando tagliai la gola alla mia donna”.

Più morbido e suadente il blues “Fortuna” è invocazione e preghiera ad una fortuna invitata a restare con il protagonista, splendido il piano rodhes di Andrea Pesce che accompagna l’intero brano tra guizzi di chitarra, mentre i versi sono davvero sorprendenti “alla fine c’è sempre un letto di lenzuola colorate dove / affogare i guizzi di rigetto / e il fremito alle mani”.

La title-track “Tempi meravigliosi” è senza dubbio uno dei pezzi migliori, brano lento e fascinoso, evoca un’atmosfera in cui il tempo sembra quasi fermarsi, c’è come un’aura di contemplazione, di presa coscienza delle sensazioni di estremo disagio che si stanno vivendo, questo canto disperato, anche se compassato, si chiude con queste parole “guarda che gioia disperata intorno a me / sembra quasi che tutto ruoti intorno a noi / guarda che bellezza spaventata intorno a me / siamo noi che saltiamo al buio”.

I cori e le percussioni ci introducono in un altro blues “Tre metri sotto terra” dalle tonalità ed intense, è un blues con all’opera pianoforte, dobro, trombone e sax a creare splendide sfumature noir, può ricordare per stile il canto-lamento che caratterizzava i tanti lavoratori neri tenuti in schiavitù a lavorare i campi, il tema è pero qui quello della guerra, ma dopotutto anch’essa tiene in ostaggio da sempre l’uomo o no...

“Un giorno qualunque” è una lenta ballade, con i fiati ancora in evidenza, che oscilla indecisa tra speranza, quella di un lui che si immagina un futuro nuovo incontro con chi ha già lasciato e malinconia, quella provata per ciò che è già stato tra i due, la conclusione? lui finisce per cantare “Un giorno qualunque / se non sarai tu a cercarmi / sarò io a trovarti / perché fai parte dei miei vizi”.

Trascinante, pieno di swing e voglia di far ballare è “Blue venom bar”, la situazione allucinata è da bar fumoso e fremente di voglie faticosamente sopite, musicalmente è brano molto corale con violino, clarino, trombone ed altro ancora, insomma tutto gira al meglio, però a me ricorda troppo Folco Orselli, la voce di Francesco è meno roca, ma in alcuni passaggi sembra proprio materializzarsi Folco, nulla di male per carità, Folco non è un autore qualunque, però l’effetto è un po’ spiazzante, il testo invece mantiene una sua originalità “una donna grigia con dei grigi baffi da gatta / non si stacca più, mi strapazza di smancerie / provo a dirle che sono ubriaco / chiama i suoi beccamorti a sotterrarmi”.

Molto più bella è invece, secondo me, “Altri vestiti”, amara canzone su un’esistenza comunque sbagliata, inserita in un mondo di falsità e di finzioni, è ricca di atmosfera, lenta e maestosa quasi fosse una marcia funebre, quella di chi pur vivendo è come fosse già morto da tempo ecco, infatti, la triste considerazione finale “e va da se / che non fa differenza / quanto dura la pazienza / di chi è morto e fa finta di niente / coperta dal guinzaglio c’è la data di scadenza”.

Segue ancora un brano a passo ridotto, questa volta però molto dolce e delicato, “Il sapore della tosse” è storia di un amore finito ed un cuore perso irrimediabilmente per una donna, è ancora amara e senza vie di uscita la conclusione “lasciando semplicemente che ogni giorno passasse confondendo il paradiso col sapore della tosse”, la musica poi è avvolgente, con quei cori in sottofondo, la batteria compassata e misurata, dobro e guild semiacustica suonate da Francesco a cullarci dolcemente, è difficile staccarsene.

“Una stella”, ultimo brano originale del disco, vede Francesco impegnato alla chitarra elettrica con ammalianti distorsioni, sa di anni ’70 è un po’ psichedelico, mentre nei versi è un po’ nostalgico, si passa da “la prima volta che siamo rimasti soli / era un concerto con novecento paganti novecento danzanti” a “l’ultima volta che siamo rimasti soli / è stato quando ho gridato per spaventare le tue paure / ma ho spaventato te”, ancora una volta un amore che appartiene al passato.

Chiude il tutto una cover di lusso, per il brano in se e per come è eseguito voce e chitarra acustica da Francesco Forni, si tratta di “Voodo child (Slight return)” di Hendrix, ne esce una performance che già da sola varrebbe l’acquisto del disco, se poi si aggiunge quanto ascoltato prima, che in sintesi si rifà sì a sonorità ed atmosfere d’oltre oceano, ma modellando un proprio stile personale di grande fascino che mi ricorda per comunione d’intenti e originalità un altro outsider di valore come Cesare Basile, con un minore ricorso a distorsioni e sonorità aspre, non posso esimermi dal considerare “Tempi meravigliosi” un gran bel disco.

Cercatelo, non solo in disco, perché dal vivo vi sorprenderà ancor più!



Francesco Forni
Tempi meravigliosi

Fiorirari/L’Altoparlante/Self - 2009

Nei migliori negozi di dischi.

Tracklist

01. Non adesso
02. Fortuna
03. Tempi meravigliosi
04. Tre metri sotto terra
05. Un giorno qualunque
06. Blue Venom Bar
07. Altri vestiti
08. Il sapore della tosse
09. Una stella
10. Voodoo Child (slight return)

Crediti:

Francesco Forni: voce, chitarra acustica (1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 10), dobro (1, 3, 6, 7, 8), chitarra elettrica (1, 2, 3, 4, 9), guild semiacustica (1, 3, 4, 5, 6, 7, 8)
Andrea Pesce: piano rhodes (1, 2, 3, 4, 7, 8), moog (1, 3, 8), vibrafono (1, 3, 4, 8, 9), pianoforte (5, 6, 9)
Salvio Vassallo: batteria (1, 2, 3, 4, 5, 7, 8, 9), percussioni (6)
Giacomo Pedicini: contrabbasso (1, 2, 4, 5, 7, 8), basso elettrico (3)
Fabio Rondanini: percussioni (1, 6), batteria (4, 5, 6)
Davide Piersanti: trombone (1, 4, 5, 6, 8)
Raffaella Misiti: cori (1, 2)
Roberto Angelini: solo chitarra elettrica (3)
Rodrigo D’Erasmo: violino (3, 4)
Renato Ciunfrini: clarino (4, 5, 8), sax (5, 6)
Angelo Mai Occupato: festa (4)
Gabriele Lazzarotti: basso (6)
Barbara Eramo: cori (7)
Massimo Giangrande: basso (9)

(1, 2) scritte da Forni / Pirozzi – Forni
(3, 4, 6, 9) sciritte da Forni
(5, 7, 8) scritte da Forni / Zontini
(10) scritta da Hendrix

Arrangiamenti: Francesco Forni
Collaborazione agli arrangiamenti: Andrea Pesce, Giacomo Pedicini, Salvio Vassallo

Produzione artistica: Francesco Forni e Andrea Pesce
Registrato in presa diretta presso il red cave studio di Roberto Angelini da “Il Mafio”
Voci e chitarrre aggiunte registate presso lo studio di Francesco Forni
Piani acustici, fiati, dobro registrati presso lo studio di Andrea Pesce
Voci, cori e violini aggiunti registrati da il Mafio presso il Vacuum Studio
Missaggio: Tommaso Colliva presso lo Studio OmniaB
Mastering: Giovanni Versari presso Nautilus Mastering

Sito ufficiale di Francesco Forni: www.francescoforni.it
Francesco Forni su MySpace: www.myspace.com/francescoforni

martedì 8 settembre 2009

Recensione CD "Aspirina metafisica" di Augusto Forin



Aspirina metafisica: cura la solitudine ed è senza controindicazioni.
di Fabio Antonelli

Ad ispirare il titolo una frase di Alejandro Jodorowsky:
« … tutto ciò che si fa, prima o poi scompare e lascia dentro di noi un’enorme depressione ...tramite le arti ho cercato una "aspirina metafisica" … ».

Così giustifica la scelta di questo curioso titolo Augusto Forin, cantautore genovese, che pubblica il suo primo album ufficiale “Aspirina metafisica” all’età di 53 anni. In realtà, per chi già lo conosce, sa che non si tratta di un vero e proprio esordio perché Augusto bazzica l’ambiente musicale da molti anni, ha alle spalle almeno un paio di registrazioni “caserecce”, concerti sporadici un po’ ovunque ed una finale al Bindi nel 2007 con il brano “Amanti distanti” che tra l’altro apre questo disco che può quindi essere considerato più un fare il punto della situazione che un vero e proprio primo disco.

Vorrei però tralasciare per il momento il discorso musicale, per cogliere alcuni aspetti davvero curiosi ed originali del “package”, innanzitutto il formato che riprende il classico 31x31 cm delle custodie dei vecchi LP, richiamando sensazioni ormai perdute anche al tatto, grazie alla consistenza cartacea di ottima qualità. La copertina, realizzata da “Ilpigiamadelgatto” di Genova, studio grafico dello stesso Augusto e della sua compagna Patrizia Blaghetti, ritrae un vero e proprio caos di oggetti sparsi, ma una cosa che mi è balzata subito all’occhio è l’assenza quasi totale di oggetti ormai quotidiani a tutti, ossia cellulari, notebook, ecc.; vi si trovano invece oggetti come una reflex Olympus, una macchina per scrivere, una copia del Corrierino dei Piccoli, una copia del testo “Spagna veloce e toro futurista” di Marinetti, in quest’ultimo caso un futuro che è già passato, un po’ come nei paradossi di Carmelo Bene.

Ecco allora che prende forma il concetto di canzoni come un’aspirina metafisica contro la naturale depressione di chi vede che tutto ciò cui era legato ed affezionato, prima o poi scompare, lasciando un vuoto incolmabile, un senso di inutilità, ma soprattutto un senso di incapacità di reagire, di mettere in moto una ribellione sia pur solo mentale.

E’ però quasi giunta l’ora di metterlo nel lettore, perché sebbene appaia a prima vista come un tradizionale LP, trattasi comunque di CD e qui mi sento di fare un appunto, forse l’unico al progetto, se l’idea del maxi-formato è, infatti, molto originale ed attraente, all’atto pratico così com’è realizzata diventa un po’ un limite nella fruizione del disco, io stesso ad esempio mi sono portato a spasso il prezioso CD più volte tra auto, stereo di casa e pc e devo dire che una volta estratto dalla bella confezione, è molto vulnerabile: perché non si è pensato di creare una custodia in cartoncino all’interno della custodia esterna, un po’ alla maniera di Akuaduulza di Van De Sfroos?

Particolari tecnici a parte, il progetto “Aspirina metafisica” presenta altre curiosità come lo svolgersi dell’intera scaletta senza soluzione di continuità, i brani sono stati uniti fra loro da registrazioni d’ambiente che hanno contribuito a rendere più conviviali e familiari i singoli pezzi.

Così come appare subito evidente, a chi conosceva già buona parte del programma proposto, che il tutto è stato riarrangiato per l’occasione. L’incontro tra Forin e il pianista jazz Roberto Logli (autore degli arrangiamenti) ha fruttato una nuova ventata latin-jazz all’intero lavoro, grazie all’uso sapiente del piano suonato da Logli stesso e delle percussioni di Marica Pellegrini e Marco Fadda, ecco che i brani si sono così trasformati d’incanto in ottimi ballabili, latineggianti si, ma senza strafare, mentre una sfumatura vintage è stata loro donata dalla presenza di numerosi coretti femminili.

Qualcuno forse penserà già che mi stia dilungando per evitare di parlare delle canzoni vere e proprie, che sono poi il vero motivo per cui uno acquista o no un disco, non è così.

Voglio solo rinunciare al consueto passaggio in rassegna dei singoli brani perché sono in fondo tutti di ottima fattura e mi troverei davvero in imbarazzo, se mi chiedessero cosa non funziona in questo disco.

Piuttosto, vorrei sottolinearne alcuni passaggi di particolare rilievo tipo i versi “e io nonostante gli sforzi non riesco a seguirle ste masse / ma sono solo parole, e hanno le gambe corte” in “Scusa” che evidenziano un dichiarato stato di inadeguatezza dell’auto a capire il mondo circostante, che mi ricorda un po’ il “Se gli dicessi che li odio non lo so se mi saprebbero capire / ma se gli urlassi in faccia che li amo chi lo sa se mi starebbero a sentire” di Max Manfredi in “Il regno delle fate”.

A proposito dell’amico Max Manfredi, da segnalare il suo duettare con Forin in “Sbagliando d’autobus”, di cui è anche autore del testo, un pezzo che racconta in modo particolare dell’attesa di un autobus, l’errore commesso di prendere un autobus sbagliato e l’accorgersene quando si è ormai al capolinea, una metafora in cui credo si siano riconosciuti in tanti, “un’attesa ma sbagliare d'autobus, si a volte capita / Si è troppo timidi, non c'è più dialogo”, ecco un altro male di questa società, l’incomunicabilità.

Credo poi che “Scarpe rotte” sia un pezzo di classe, è un brano triste e nostalgico, preceduto da un breve brano solo strumentale dalla sonorità graffiata, come uscisse da un vecchio grammofono e contiene almeno due splendide riflessioni “Ma fuori dalla porta ci sta il mare / che è una scusa buona per camminare / una valigia vuota pronta per restare”, il desiderio mai sopito di cambiare vita senza poi averne il coraggio e “Perché il tempo che passa / le cose le sposta / e quello che cerchi ora qui non c'è più”, ossia la perdita dei propri punti fermi, paletti spazzati via inesorabilmente dal tempo che passa. Toccante!

In “Il tempo perso”, forse il pezzo più lento e personale dell’intero lavoro, c’è credo la chiave di lettura dell’intero lavoro, “Poi chi mi vedrà sarà convinto / di avermi parlato a lungo / in chi mi vedrà nascerà il dubbio / di avermi già conosciuto!”, questo è, infatti, l’effetto che ho provato prestando ascolto a questo disco “d’esordio” di Forin.

Chiude infine il disco la canzone “Quello che manca” che recita “c'è bisogno di mettersi al vento / con una musica che ci conforti / con un ritmo che ci trasporti, via, via, via / Ma è quel che manca, è quel che manca / è quel che manca ad ogni età”, sacrosanta verità che condivido in pieno, come ovviare però o almeno cercare di rimediare a questo senso di vuoto?

Beh, forse questa “Aspirina Metafisica” non sarà la panacea di ogni male, non ci salverà certo dall’imminente e minacciata pandemia, però forse potrà aiutare tutti noi a sentirci meno soli nonostante Facebook, Myspace e tutto il resto del mondo virtuale, meno fuori tempo in un mondo che ci corre sempre avanti senza lasciarsi raggiungere mai e per di più, è una cura che non ha controindicazioni…

Fatevela prescrivere dal vostro cuore!




Forin
Aspirina metafisica


Autoprodotto - 2009
Acquistabile on-line dal sito (
http://www.augusto.forin.name/) o nel catalogo della Music Store (http://www.topten.it/).

Tracklist
01. Amanti distanti
02. Scusa
03. L’oriente del nord
04. Una questione di educazione
05. Vagon lit
06. Sbagliare d’autobus
07. Passeggiando
08. Scarpe rotte
09. Aspettando su una pensilina
10. Il tempo perso
11. Quello che manca
Crediti:
Augusto Forin: voce e chitarra
Pino Parello: basso freetless
Roberto Logli: piano
Paolo De Gregorio: batteria
Marica Pellegrini: percussioni e cori
Marco Fadda: tabla, percussioni
Francesca Rapetti: flauto e cori
Elena Cimarosti: cori
Paolo Cogorno: tastiere e cori

Max Manfredi: voce in “Sbagliando d’autobus”
Luca Cimadomo: fischio in “Scusa”

Registrato e mixato presso gli studi Maccaja di Genova da Alessandro Caforio e Paolo Cogorno.
Assistente alla regia Gabriele Tiezzi.

Produzione artistica Augusto Forin e Paolo Cogorno

Testi e musiche di Augusto Forin (tranne “Sbagliando d’autobus” testo di Max Manfredi – musica di Augusto Forin)
“Aspettando su una pensilina” da una poesia di Massimo “Pigiamino” Gaviglio
Arrangiamenti di Roberto Logli

Fotografia di Patrizia Biaghetti

Sito di Aspirina Metafisica:
http://www.aspirinametafisica.com/
Sito ufficiale di Augusto Forin:
http://www.augusto.forin.name/
Augusto Forin su MySpace:
http://www.myspace.com/augustoforin